ognitanto la mia sorellina spruzza saggezza da tutti i pori: "o dio non esiste, oppure e' una gran testa di cazzo..." e scusate le parole dolci usate...
venerdì 8 marzo 2013
l'8 marzo e' una festa inutile...
e adesso sputatemi in un occhio o menatemi.... ma io credo che non ci dovrebbe essere bisogno di una festa per ricordarci dell'esistenza delle donne, per ricordarci dell'importanza che svolgono nella nostra vita... la donna la si deve rispettare 365 giorni l'anno (e se c'e' un anno bisestile, ciccia... :D ), non solo l'8 marzo... non trattarla da essere inferiore per tutto l'anno per poi regalarle un mazzo di fiori ed e' tutto a posto... cazzo, ci vuole rispetto tutto l'anno, tutti i giorni della nostra vita, la donna la si deve amare sempre, non solo quando qualcuno ce lo ricorda... ed anche voi donne ricordate a tutti che siete piu' di due tette ed un bel culo, avete un cervello, non scordatevelo mai...
mercoledì 9 gennaio 2013
ma se il papa crede in tutto quello che dice, perche' gira con i vetri antiproiettile??? se muore non dovrebbe andare in paradiso e li e' tutto fantastico??
o magari non ci crede manco lui?
o forse ha paura di perdere la fama che ha qui?
o magari ha paura di finire all'inferno???
o forse il suo dio non e' cosi misericordioso come vuole farci credere??
bah, magari con un po' piu' di coerenza sarebbe piu' credibile.. la smettesse di circondarsi d'oro e lasciasse ai bisognosi le sue ricchezze, no??
sabato 14 gennaio 2012
LIBERALIZZAZIONI: Quello che non si dice
Tonino Perna - Il Manifesto 12.01.2012
«Si restituisca a tutti i sudditi di sua maestà, come ai soldati e ai marinai, la libertà naturale di esercitare qualsiasi tipo di attività piaccia loro, si abbattano così i privilegi esclusivi delle Corporazioni e si revochi lo statuto dell'apprendistato, che sono vere usurpazioni della libertà naturale, e si aggiunga a ciò la revoca delle leggi sui domicili, in modo che un operaio povero, quando perde un'occupazione in un mestiere o in un luogo, possa cercarne un'altra in un altro mestiere o in un altro luogo...» (Adam Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, p. 459).
Il padre dell'economia politica moderna, il fondatore del pensiero economico liberale, mise al centro della sua teoria la lotta alle Corporazioni, in quanto impedivano lo sviluppo della concorrenza e la crescita economica di una nazione. Smith era convinto, infatti, che la causa prima della povertà e della disoccupazione fosse dovuta alla mancanza di un libero mercato del lavoro, correlata alla presenza di monopoli gestiti dalle corporazioni che impedivano al capitale il libero accesso alle diverse attività. Le liberalizzazioni sbandierate dal governo Monti, e osannate dalle "lenzuolate" di Bersani, sono perfettamente coerenti con la teoria smithiana, che risale alla fine del XVIII secolo, usando spesso lo stesso linguaggio e gli stessi ragionamenti.
Anche Marx vedeva nelle Corporazioni un constraint, un vincolo, allo sviluppo del capitalismo, ma da un'altra angolazione: «Il capitale denaro formatosi mediante l'usura e il commercio veniva intralciato nella sua trasformazione in capitale industriale, nelle campagne dalla costituzione feudale, nelle città dalla costituzione corporativa» (Marx, Il Capitale, Cap. XXIV, p. 209). E spiegava bene i termini dello scontro sociale che si registrò in quel periodo: «Le leggi delle Corporazioni impedivano sistematicamente, limitando all'estremo il numero dei garzoni che potevano essere impiegati da un singolo maestro artigiano, che questi si trasformasse in capitalista... La Corporazione respingeva gelosamente ogni usurpazione da parte del capitale mercantile, l'unica forma libera di capitale che le si contrapponesse. Il mercante poteva comprare tutte le merci; ma non poteva comprare il lavoro come merce» (Cap. XII p. 59).
In sintesi, sia Smith che Marx hanno visto nelle Corporazioni delle arti e mestieri un vincolo allo sviluppo del capitalismo. Con la differenza che Marx, che certo non difendeva le istituzioni feudali, aveva colto la vera natura dello scontro: la mercificazione del lavoro, l'espansione della sfera di influenza del capitale, un ruolo rilevante nella fase dell'accumulazione originaria del capitale. Non di certo uno strumento per combattere la povertà o la disoccupazione. Anzi, questo processo comportava una crescita della proletarizzazione che investiva i lavoratori autonomi, gli artigiani e i contadini. Che senso ha oggi propagandare le liberalizzazioni come strumento per la crescita economica e di lotta alla disoccupazione? Vediamo alcuni esempi in concreto. Se si liberalizza il mestiere del taxista è vero che si produrrebbe una maggiore concorrenza, e quindi un abbassamento dei prezzi, ma questo è un effetto solo di breve periodo.
Nel medio periodo, chi possiede capitali adeguati può acquistare un centinaio di auto, adibirle a taxi e pagare a cottimo dei giovani, magari immigrati, che lavoreranno senza tregua pur di raggiungere un minimo di salario, con tutte le conseguenze del caso in termini di sicurezza e qualità del servizio. Così avverrà anche a livello di mezzi di trasporto locale (ferrovie, bus, ecc). La liberalizzazione/privatizzazione di questo settore è già stata sperimentata in altri paesi con conseguenze nefaste.
Vorrei qui ricordare il caso del Cile di Pinochet, quando alla fine degli anni '70 del secolo scorso venne privatizzato il trasporto locale a Santiago. I conducenti dei Micro (come venivano chiamati gli autobus nella capitale cilena), essendo pagati a cottimo, quindi a chilometri effettuati durante la giornata, correvano come pazzi: stanchi, assonnati e stressati, erano diventati un incubo per i pedoni. E la liberalizzazione nella vendita dei farmaci in Cile non l'ho mai dimenticata. Vedere le vetrine delle farmacie offrire «due scatole di antibiotico al prezzo di una» era veramente deprimente, quanto l'avere eliminato l'obbligo alla dichiarazione della composizione delle bevande gassate, ed altri prodotti alimentari, in nome di una libertà assoluta del mercato.
Per non parlare delle grandi liberalizzazioni/privatizzazioni che interessano settori trategici (come l'energia) e che, come dimostra l'esperienza, da monopoli parastatali si trasformano in oligopoli privati che presto convergono in strategie di cartello, come avviene da anni in tutti i paesi che ci hanno preceduto nelle cosiddette liberalizzazioni.
È chiaro che non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Per esempio, i notai sono notoriamente una categoria privilegiata, ma anche tra i pochi professionisti che non evadono le imposte. Il loro numero è davvero esiguo: 5 mila notai per 60 milioni di abitanti! In questo caso, basterebbe semplicemente raddoppiare il numero e si creerebbero 5 mila nuovi posti di lavoro per i laureati in giurisprudenza. Al contrario, la linea del governo è prevalentemente quella di trasformare le professioni liberali in aziende capitalistiche, sul modello nordamericano dei megastudi che assumono come salariati centinaia di ingegneri, avvocati, commercialisti ecc..
Nessuno ha mai pensato solo per un attimo di liberalizzare le droghe leggere, un vero e proprio tabù nel nostro paese, e non solo. Dalle stime che conosciamo, ogni anno si spendono nel nostro paese qualcosa come 70 miliardi per le droghe, di cui circa 20 solo per la marijuana. Se si legalizzasse, lo Stato potrebbe applicare una tassa rilevante che porterebbe nelle sue casse non
meno di 7-8 miliardi l'anno. Se lo stesso procedimento si applicasse alla cocaina, per lo Stato le entrate potrebbero oscillare tra 12 e 15 miliardi l'anno. Invece con perfetta ipocrisia si continua a blaterare di lotta alle droghe, mentre i consumatori rimangono stabili o, per qualche tipo di droga, addirittura crescono. E mafia, camorra e 'ndrangheta ringraziano. Il loro potere economico - secondo il volume Prodotto interno Mafia di Serena Danna - è pari a 140 miliardi, e continua a crescere e ad avvelenare l'economia e le istituzioni. Sarebbe l'unica liberalizzazione veramente urgente e con effetti positivi sull'economia, il bilancio dello Stato e la società. Ma guai a parlarne: si rischia il reato di istigazione a delinquere.
Continuiamo a pensare che viviamo ancora nella fase dell'accumulazione originaria del capitalismo che ha bisogno di conquistare altri spazi e altre vite, portando a tutti benessere e felicità. Forse una linea netta di demarcazione tra destra e sinistra nel nuovo secolo passa proprio da qui: tra chi considera che il modo di produzione capitalistico abbia ancora un ruolo positivo da svolgere e chi considera esaurito il suo ruolo progressista e pensa che bisognerebbe procedere ad un deciso processo di demercificazione, per salvare la società ed il patrimonio naturale e culturale che abbiamo ereditato. Tertium non datur.
«Si restituisca a tutti i sudditi di sua maestà, come ai soldati e ai marinai, la libertà naturale di esercitare qualsiasi tipo di attività piaccia loro, si abbattano così i privilegi esclusivi delle Corporazioni e si revochi lo statuto dell'apprendistato, che sono vere usurpazioni della libertà naturale, e si aggiunga a ciò la revoca delle leggi sui domicili, in modo che un operaio povero, quando perde un'occupazione in un mestiere o in un luogo, possa cercarne un'altra in un altro mestiere o in un altro luogo...» (Adam Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, p. 459).
Il padre dell'economia politica moderna, il fondatore del pensiero economico liberale, mise al centro della sua teoria la lotta alle Corporazioni, in quanto impedivano lo sviluppo della concorrenza e la crescita economica di una nazione. Smith era convinto, infatti, che la causa prima della povertà e della disoccupazione fosse dovuta alla mancanza di un libero mercato del lavoro, correlata alla presenza di monopoli gestiti dalle corporazioni che impedivano al capitale il libero accesso alle diverse attività. Le liberalizzazioni sbandierate dal governo Monti, e osannate dalle "lenzuolate" di Bersani, sono perfettamente coerenti con la teoria smithiana, che risale alla fine del XVIII secolo, usando spesso lo stesso linguaggio e gli stessi ragionamenti.
Anche Marx vedeva nelle Corporazioni un constraint, un vincolo, allo sviluppo del capitalismo, ma da un'altra angolazione: «Il capitale denaro formatosi mediante l'usura e il commercio veniva intralciato nella sua trasformazione in capitale industriale, nelle campagne dalla costituzione feudale, nelle città dalla costituzione corporativa» (Marx, Il Capitale, Cap. XXIV, p. 209). E spiegava bene i termini dello scontro sociale che si registrò in quel periodo: «Le leggi delle Corporazioni impedivano sistematicamente, limitando all'estremo il numero dei garzoni che potevano essere impiegati da un singolo maestro artigiano, che questi si trasformasse in capitalista... La Corporazione respingeva gelosamente ogni usurpazione da parte del capitale mercantile, l'unica forma libera di capitale che le si contrapponesse. Il mercante poteva comprare tutte le merci; ma non poteva comprare il lavoro come merce» (Cap. XII p. 59).
In sintesi, sia Smith che Marx hanno visto nelle Corporazioni delle arti e mestieri un vincolo allo sviluppo del capitalismo. Con la differenza che Marx, che certo non difendeva le istituzioni feudali, aveva colto la vera natura dello scontro: la mercificazione del lavoro, l'espansione della sfera di influenza del capitale, un ruolo rilevante nella fase dell'accumulazione originaria del capitale. Non di certo uno strumento per combattere la povertà o la disoccupazione. Anzi, questo processo comportava una crescita della proletarizzazione che investiva i lavoratori autonomi, gli artigiani e i contadini. Che senso ha oggi propagandare le liberalizzazioni come strumento per la crescita economica e di lotta alla disoccupazione? Vediamo alcuni esempi in concreto. Se si liberalizza il mestiere del taxista è vero che si produrrebbe una maggiore concorrenza, e quindi un abbassamento dei prezzi, ma questo è un effetto solo di breve periodo.
Nel medio periodo, chi possiede capitali adeguati può acquistare un centinaio di auto, adibirle a taxi e pagare a cottimo dei giovani, magari immigrati, che lavoreranno senza tregua pur di raggiungere un minimo di salario, con tutte le conseguenze del caso in termini di sicurezza e qualità del servizio. Così avverrà anche a livello di mezzi di trasporto locale (ferrovie, bus, ecc). La liberalizzazione/privatizzazione di questo settore è già stata sperimentata in altri paesi con conseguenze nefaste.
Vorrei qui ricordare il caso del Cile di Pinochet, quando alla fine degli anni '70 del secolo scorso venne privatizzato il trasporto locale a Santiago. I conducenti dei Micro (come venivano chiamati gli autobus nella capitale cilena), essendo pagati a cottimo, quindi a chilometri effettuati durante la giornata, correvano come pazzi: stanchi, assonnati e stressati, erano diventati un incubo per i pedoni. E la liberalizzazione nella vendita dei farmaci in Cile non l'ho mai dimenticata. Vedere le vetrine delle farmacie offrire «due scatole di antibiotico al prezzo di una» era veramente deprimente, quanto l'avere eliminato l'obbligo alla dichiarazione della composizione delle bevande gassate, ed altri prodotti alimentari, in nome di una libertà assoluta del mercato.
Per non parlare delle grandi liberalizzazioni/privatizzazioni che interessano settori trategici (come l'energia) e che, come dimostra l'esperienza, da monopoli parastatali si trasformano in oligopoli privati che presto convergono in strategie di cartello, come avviene da anni in tutti i paesi che ci hanno preceduto nelle cosiddette liberalizzazioni.
È chiaro che non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Per esempio, i notai sono notoriamente una categoria privilegiata, ma anche tra i pochi professionisti che non evadono le imposte. Il loro numero è davvero esiguo: 5 mila notai per 60 milioni di abitanti! In questo caso, basterebbe semplicemente raddoppiare il numero e si creerebbero 5 mila nuovi posti di lavoro per i laureati in giurisprudenza. Al contrario, la linea del governo è prevalentemente quella di trasformare le professioni liberali in aziende capitalistiche, sul modello nordamericano dei megastudi che assumono come salariati centinaia di ingegneri, avvocati, commercialisti ecc..
Nessuno ha mai pensato solo per un attimo di liberalizzare le droghe leggere, un vero e proprio tabù nel nostro paese, e non solo. Dalle stime che conosciamo, ogni anno si spendono nel nostro paese qualcosa come 70 miliardi per le droghe, di cui circa 20 solo per la marijuana. Se si legalizzasse, lo Stato potrebbe applicare una tassa rilevante che porterebbe nelle sue casse non
meno di 7-8 miliardi l'anno. Se lo stesso procedimento si applicasse alla cocaina, per lo Stato le entrate potrebbero oscillare tra 12 e 15 miliardi l'anno. Invece con perfetta ipocrisia si continua a blaterare di lotta alle droghe, mentre i consumatori rimangono stabili o, per qualche tipo di droga, addirittura crescono. E mafia, camorra e 'ndrangheta ringraziano. Il loro potere economico - secondo il volume Prodotto interno Mafia di Serena Danna - è pari a 140 miliardi, e continua a crescere e ad avvelenare l'economia e le istituzioni. Sarebbe l'unica liberalizzazione veramente urgente e con effetti positivi sull'economia, il bilancio dello Stato e la società. Ma guai a parlarne: si rischia il reato di istigazione a delinquere.
Continuiamo a pensare che viviamo ancora nella fase dell'accumulazione originaria del capitalismo che ha bisogno di conquistare altri spazi e altre vite, portando a tutti benessere e felicità. Forse una linea netta di demarcazione tra destra e sinistra nel nuovo secolo passa proprio da qui: tra chi considera che il modo di produzione capitalistico abbia ancora un ruolo positivo da svolgere e chi considera esaurito il suo ruolo progressista e pensa che bisognerebbe procedere ad un deciso processo di demercificazione, per salvare la società ed il patrimonio naturale e culturale che abbiamo ereditato. Tertium non datur.
martedì 25 ottobre 2011
ciao papa'...
Antioco per gli amici, Antiogu per i sardi, Attilio per i parenti tedeschi che proprio non riuscivano a pronunciare il tuo nome, Votor per noi o semplicemente papa', te ne sei andato...
papa' ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto, per tutto quello che sei stato e che sempre rimarrai per noi, severo, simpatico, sempre disponibile, cocciuto...
con chi litigheremo adesso? Ci mancheranno le discussioni su delle sciocchezze su cui volevi sempre avere ragione, su cui ti intestardivi, finche' era chiaro che avevi torto e te ne uscivi con la frase: „stiamo dicendo la stessa cosa, solo che tu la dici in maniera diversa...“ e sorridevi chiedendo perche' Gianni s'incavolasse tanto...
ci hai insegnato ad avere rispetto per gli altri, ma di non sottometterci mai...
ci hai insegnato ad essere educati e cordiali, ma di non leccare il culo a nessuno...
ci hai insegnato che si puo' dare anche senza chiedere niente in cambio...
se qualcuno ti chiedeva un favore, tu non ti tiravi mai indietro, anzi ti sforzavi per aiutarlo piu' che potevi, poi ti bastava un grazie sincero ed eri contento...
ma eri tremendamente cocciuto e testardo e potevi togliere la parola ed il saluto a chiunque ti facesse un torto... ti ricordi il periodo che non ci siamo piu' rivolti una parola? Quando mi ero fatto i piercing e tu hai esclamato: „finche' quello non si toglie i ferri dalla faccia, non lo voglio vedere...“ per quasi sei mesi non ci siamo rivolti la parola, se io entravo in una stanza, tu uscivi e viceversa, ma anche questa l'abbiamo passata...
e le grigliate? Ti piaceva stare dietro alla griglia, con il tuo intruglio di erbe e sale e naturalmente l'olio d'oliva...
tutti ti volevano bene, eri sempre disponibile per una battuta, una partita a carte, una risata...
scrivendo, mi e' venuta in mente una battuta, che potrebbe tranquillamente essere tua: „le monete d'oro affondano, ma gli stronzi purtroppo riescono sempre a rimanere a galla...“
mi mancheranno le tue battute, i tuoi sorrisi, la tua corsa stile paperella, la tua disponibilita', ma soprattutto mi mancherai tu coi tuoi pregi ed i tuoi difetti, non smettero' mai di volerti bene...
ciao papa'
papa' ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto, per tutto quello che sei stato e che sempre rimarrai per noi, severo, simpatico, sempre disponibile, cocciuto...
con chi litigheremo adesso? Ci mancheranno le discussioni su delle sciocchezze su cui volevi sempre avere ragione, su cui ti intestardivi, finche' era chiaro che avevi torto e te ne uscivi con la frase: „stiamo dicendo la stessa cosa, solo che tu la dici in maniera diversa...“ e sorridevi chiedendo perche' Gianni s'incavolasse tanto...
ci hai insegnato ad avere rispetto per gli altri, ma di non sottometterci mai...
ci hai insegnato ad essere educati e cordiali, ma di non leccare il culo a nessuno...
ci hai insegnato che si puo' dare anche senza chiedere niente in cambio...
se qualcuno ti chiedeva un favore, tu non ti tiravi mai indietro, anzi ti sforzavi per aiutarlo piu' che potevi, poi ti bastava un grazie sincero ed eri contento...
ma eri tremendamente cocciuto e testardo e potevi togliere la parola ed il saluto a chiunque ti facesse un torto... ti ricordi il periodo che non ci siamo piu' rivolti una parola? Quando mi ero fatto i piercing e tu hai esclamato: „finche' quello non si toglie i ferri dalla faccia, non lo voglio vedere...“ per quasi sei mesi non ci siamo rivolti la parola, se io entravo in una stanza, tu uscivi e viceversa, ma anche questa l'abbiamo passata...
e le grigliate? Ti piaceva stare dietro alla griglia, con il tuo intruglio di erbe e sale e naturalmente l'olio d'oliva...
tutti ti volevano bene, eri sempre disponibile per una battuta, una partita a carte, una risata...
scrivendo, mi e' venuta in mente una battuta, che potrebbe tranquillamente essere tua: „le monete d'oro affondano, ma gli stronzi purtroppo riescono sempre a rimanere a galla...“
mi mancheranno le tue battute, i tuoi sorrisi, la tua corsa stile paperella, la tua disponibilita', ma soprattutto mi mancherai tu coi tuoi pregi ed i tuoi difetti, non smettero' mai di volerti bene...
ciao papa'
mercoledì 3 agosto 2011
forse si imparerebbe qualcosa di utile...
tratto da un discorso di Hernàn Huarache Mamani:
Per preparare un nuovo uomo del III millennio e assicurare la pace, la fratellanza e la giustizia nel mondo bisognerebbe mettere a disposizione delle persone interessate metodi preziosi di educazione che sviluppino la natura umana verso la sua unità, armonia e benessere, mettendo in evidenza la cooperazione, la tolleranza, il rispetto per tutti gli esseri umani e una convivenza armonica con la natura. Per fare questo dobbiamo privilegiare le seguenti discipline:
1. Educazione alla pace e alla coscienza cosmica;
2. Scienza di vita e costruzione: uso razionale delle energie per difendere la vita e preservare l'ambiente;
3. Medicina olistica rispettando le tradizioni dei popoli;
4. Scienza agricola mirata a difendere la concatenazione ecologica;
5. Educazione alimentare basata sulla scienza degli alimenti e l'arte di prepararli;
6. Sviluppo e trasformazione umana: gruppo di crescita, creatività, meditazione ed evoluzione spirituale;
7. Arte e creatività: musica, arte, teatro, pittura;
8. Educazione familiare per sviluppare una società solidale;
9. Scienza della comunicazione per migliorare l'inforamzione nell'interesse di tutti gli uomini;
10. Psicologia umana: psicologia applicata mirata ad utilizzare quel 90% delle capacità che ancora non utilizziamo;
11. Studi di tutte le culture e religioni del mondo;
12. Economia e demografia per una società che risponda ai bisogni essenziali di ogni essere umano;
13. Amministrazione e uso razionale delle risorse naturali con il minimo inquinamento;
14. Ingegneria ecologica per risolvere i problemi d'inquinamento.
Per preparare un nuovo uomo del III millennio e assicurare la pace, la fratellanza e la giustizia nel mondo bisognerebbe mettere a disposizione delle persone interessate metodi preziosi di educazione che sviluppino la natura umana verso la sua unità, armonia e benessere, mettendo in evidenza la cooperazione, la tolleranza, il rispetto per tutti gli esseri umani e una convivenza armonica con la natura. Per fare questo dobbiamo privilegiare le seguenti discipline:
1. Educazione alla pace e alla coscienza cosmica;
2. Scienza di vita e costruzione: uso razionale delle energie per difendere la vita e preservare l'ambiente;
3. Medicina olistica rispettando le tradizioni dei popoli;
4. Scienza agricola mirata a difendere la concatenazione ecologica;
5. Educazione alimentare basata sulla scienza degli alimenti e l'arte di prepararli;
6. Sviluppo e trasformazione umana: gruppo di crescita, creatività, meditazione ed evoluzione spirituale;
7. Arte e creatività: musica, arte, teatro, pittura;
8. Educazione familiare per sviluppare una società solidale;
9. Scienza della comunicazione per migliorare l'inforamzione nell'interesse di tutti gli uomini;
10. Psicologia umana: psicologia applicata mirata ad utilizzare quel 90% delle capacità che ancora non utilizziamo;
11. Studi di tutte le culture e religioni del mondo;
12. Economia e demografia per una società che risponda ai bisogni essenziali di ogni essere umano;
13. Amministrazione e uso razionale delle risorse naturali con il minimo inquinamento;
14. Ingegneria ecologica per risolvere i problemi d'inquinamento.
martedì 26 luglio 2011
una piaga chiamata razzismo
oslo, norvegia - un demente piazza una bomba e fa esplodere mezzo palazzo, poi armato fino ai denti si reca a utoya e si mette a sparare a tutti, ragazzi indifesi che cercano di scappare, li segue e li fredda senza scrupoli, in tutto questo pazzo-demente-ignorante-razzista, perchè è così che si deve definire questo individuo, fa più di 90 vittime... perchè??? ma cosa cazzo gli passa per la mente ad un deficiente così?? probabilmente solo aria fritta... un ragazzo, faccio fatica a definirlo così, spinto dall'odio, ma perchè? razzismo? fanatismo? fondamentalismo? ma chi gli ha impresso nella mente tutto quell'odio? perchè? cosa cazzo gli avevano fatto quei poveri ragazzi? la loro unica colpa è stata non essere nazisti come lui? ma si dice cristiano? ma se si dice cristiano, non conosce la bibbia? ama il prossimo come fossi tu...
ma il razzismo è una malattia che nasce da lontano, che uno si porta appresso, sempre pronta a manifestarsi, una malattia che ha le proprie radici nell'ignoranza, che nasce dal poco rispetto che la società ha per la vita umana, per la natura, per tutti gli esseri viventi, una malattia che si manifesta perchè la tolleranza è ormai diventata un'optional, tutti vogliono tutto per se... una malattia che i media aiutano ad aumentare, che giornali, tv, radio propagano, loro che quando succede qualcosa danno sempre la colpa all'altro, a quello differente, a quello che non è pallido come loro, a quello che non prega lo stesso dio, a quello che la vede diversamente... e molti, troppi credono a tutte 'ste balle, a tutto ciò che gli viene detto, perchè sono deboli, non conoscono la storia, la vedono solo in un modo, non conoscono la parola rispetto, perchè è questo quello che manca a tutta la nostra società, una società che noi ci ostiniamo a definire avanzata, c'è addirittura chi osa chiamarla libera... mi vien da piangere...
sarebbe ora che tutti si dessero una calmata e che tutti insieme trovassimo dei nuovi ideali nei quali credere, sui quali costruire una nuova società più equa, più libera, spinta dall'amore per tutti gli esseri viventi...
come devono aver suonato bene quelle belle parole: libertè, egalitè, fraternitè...
ma il razzismo è una malattia che nasce da lontano, che uno si porta appresso, sempre pronta a manifestarsi, una malattia che ha le proprie radici nell'ignoranza, che nasce dal poco rispetto che la società ha per la vita umana, per la natura, per tutti gli esseri viventi, una malattia che si manifesta perchè la tolleranza è ormai diventata un'optional, tutti vogliono tutto per se... una malattia che i media aiutano ad aumentare, che giornali, tv, radio propagano, loro che quando succede qualcosa danno sempre la colpa all'altro, a quello differente, a quello che non è pallido come loro, a quello che non prega lo stesso dio, a quello che la vede diversamente... e molti, troppi credono a tutte 'ste balle, a tutto ciò che gli viene detto, perchè sono deboli, non conoscono la storia, la vedono solo in un modo, non conoscono la parola rispetto, perchè è questo quello che manca a tutta la nostra società, una società che noi ci ostiniamo a definire avanzata, c'è addirittura chi osa chiamarla libera... mi vien da piangere...
sarebbe ora che tutti si dessero una calmata e che tutti insieme trovassimo dei nuovi ideali nei quali credere, sui quali costruire una nuova società più equa, più libera, spinta dall'amore per tutti gli esseri viventi...
come devono aver suonato bene quelle belle parole: libertè, egalitè, fraternitè...
sabato 16 luglio 2011
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